Incontri alieni: perchè non li abbiamo ancora trovati?

Alieni: il fisico Brian Cox, specializzato in fisica delle particelle all’Università di Manchester e protagonista di alcuni programmi di divulgazione (come “I misteri dell’universo” in onda su Focus TV), ha una teoria sul perché, nonostante l’altissima probabilità di vita nell’universo (15.000 civiltà aliene sono state stimate soltanto nella nostra galassia dall’equazione di Drake), l’uomo non abbia ancora trovato prove della presenza di civiltà aliene.

Questa è la formula dell’equazione di Drake:

dove:

  • N  è il numero di civiltà extraterrestri presenti con cui è ipotizzabile poter stabilire una comunicazione;
  • R* è il tasso medio annuo con cui si formano nuove stelle;
  • fp  è la frazione di stelle che hanno pianeti;
  • ne  è il numero medio di pianeti per ogni solare ipoteticamente in grado di ospitare forme di vita;
  • fl    è la frazione dei pianeti ne su cui si è effettivamente sviluppata la vita;
  • fi    è la frazione dei pianeti fl su cui si sono evoluti esseri intelligenti;
  • fc    è la frazione di civiltà extraterrestri in grado di comunicare all’esterno del proprio pianeta;
  • L    è la stima del tempo in cui tali civiltà evolute possono esistere.

Ovviamente si tratta di un equazione puramente teorica, in cui la determinazione del valore di questi coefficienti rappresenta una vera e propria sfida per la scienza. Nel corso degli anni questi parametri hanno visto un cambiamento del valore molto significativi. Attualmente le stime più recenti ritengono che esistano 23,1 civiltà aliene potenzialmente in grado di comunicare con la Terra.

Il primo a porsi questo interrogativo in maniera scientifica fu Enrico Fermi, fisico italiano famoso per le sue ricerche nel campo della fisica nucleare. Il Fermi paradox (o paradosso di Fermi), proposto dallo scienziato nel 1950, afferma appunto come vi sia una contraddizione tra l’alta probabilità della vita su altri pianeti e il fatto di non avere mai avuto a che fare con gli alieni, né attraverso la ricezione di segnali, né ovviamente attraverso incontri “del terzo tipo”.

“Dove sono finite, queste civiltà?” si chiese il fisico in un memorabile discorso.

Brian Cox, e altri studiosi, pensano di poter avere una risposta a questo interrogativo, ma non si tratta di una risposta rassicurante.

Cox ha affermato, rivolgendosi al Sunday Times: “Una delle soluzioni al paradosso di Fermi è il fatto che non sia possibile sopravvivere a lungo per una civiltà che ha il potere di distruggere sé stessa, a causa dell’impossibilità di collaborazione politica a livello globale.”

In altre parole, una volta che una civiltà raggiunge un livello tecnologico abbastanza avanzato, la probabilità che distrugga sé stessa aumenta in maniera vertiginosa, attraverso una guerra nucleare, o una catastrofe naturale. Praticamente, le altre civiltà aliene potrebbero essersi auto-distrutte prima di raggiungere il livello tecnologico necessario a cominciare un programma di esplorazione interstellare.

E’ facile capire perché questa teoria sia spaventosa: i prossimi a fare questa brutta fine, considerando problemi come il riscaldamento globale e la scarsa capacità di dialogo politico tra gli stati, potremmo essere proprio noi.

Potremmo essere spazzati via da una guerra nucleare, o semplicemente rendere la Terra un luogo troppo caldo e invivibile a causa dei gas serra.

Alla luce di queste considerazioni, si configura inoltre uno scenario in cui le civiltà aliene hanno vita talmente breve da rendere molto difficile il fatto che esistano contemporaneamente.

L’universo ha 13.8 miliardi di anni: l’uomo è comparso 200.000 anni fa, in percentuale lo 0.00145% di tutto questo tempo. Ci saremo ancora tra 1000 anni? E tra 2000? Per aumentare davvero queste probabilità in maniera significativa, una civiltà planetaria dovrebbe sopravvivere per milioni di anni, e chissà che chances abbiamo noi di sopravvivere per tutto quel tempo. La probabilità di 2 civiltà aliene di esistere in contemporanea a fronte di questi dati, è veramente molto bassa.